Red Rooms (2023)

Red Rooms (Les Chambres Rouges, 2023) è stato presentato in diversi festival ma non ha ancora un’uscita ufficiale in sala o su piattaforma streaming.

Una red room è (o meglio, dovrebbe essere) un sito che si trova sul Dark Web (o Deep Web) in cui le persone possono pagare per vedere video o live di torture e uccisioni. Principalmente resta una creepypasta ma è anche una realtà plausibile. Il regista canadese Pascal Plante, qui al suo terzo film, costruisce la tensione con un approccio minimalista, il film inizia come un dramma da tribunale per poi concentrarsi sull’ossessione di una giovane ragazza che diventa la protagonista di questo inquietante thriller psicologico. 

Ludovic Chevalier è sotto processo per tortura e omicidio di tre ragazze adolescenti, i video sarebbero poi stati venduti sul dark web. Kelly-Anne (Juliette Gariépy) sviluppa un’ossessione malsana per il processo di cui tutti parlano. Lei che è una modella esperta in poker online e incuriosita dal dark web, si dimena in un’oscurità che sembra consumarla, mentre cerca di entrare in possesso del video mancante di una 13enne, terza vittima di Chevalier. 

Senza essere mai didascalico il film sposta l’attenzione (senza forzature) su questa protagonista (una groupie di serial killer?), di certo non un personaggio ordinario, è una ragazza ambigua e interessante da osservare, con un fascino magnetico. La spirale discendente di Kelly-Anne dimostra progressivamente come questo crimine consumi ogni parte della sua vita, compresa la sua carriera da modella. Complessa e imperscrutabile, interpretata con una compostezza incredibile del linguaggio del corpo. I suoi occhi in primo piano davanti al computer dicono più di qualsiasi dialogo, e diventa impossibile distogliere lo sguardo.

Kelly-Anne trova in Clementine un’amicizia improbabile che non dura a lungo, entrambe sono ossessionate da questo caso e dal presunto serial killer, ma apparentemente la loro ossessione ha radici diverse. La paura nel dramma è costruita meticolosamente nella mente dello spettatore con le registrazioni degli omicidi che vengono ascoltati fuori campo, con le urla e gli squarci a dipingere immagini raccapriccianti, senza mostrare il tutto su schermo. Ci viene mostrato soltanto il finale di un video, la stanza ricoperta di sangue, il killer mascherato che si avvicina verso la telecamera, lo sguardo è diretto verso di noi, verso la protagonista. 

Red Rooms è distante dall’essere uno dei vari extreme-movie che vogliono impressionare con il gore estremo. Qui l’approccio è minimalista, psicologico e perturbante; stilisticamente mi ha fatto ripensare a Vox Lux di Brady Corbet che ha molto in comune. Sono perdonabili alcune soluzioni visive da film indie arthouse contemporaneo, ma vista la poca esperienza del regista si può ben sperare per i suoi futuri progetti.

Nell’atto finale di Red Rooms siamo ormai nei meandri più oscuri della mente della protagonista, anche le immagini che dovrebbero essere reali si confondono con quelle della sua webcam (glitch finale sulla città). In una scena precedente il killer aveva ricambiato lo sguardo della protagonista (nella realtà, non nel video), e non posso non citare una famosa frase di Nietzsche:

“Quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.”

Classificazione: 3.5 su 5.

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